Riqualificazione ed eco-sostenibilità


Rubrica a cura di Tiziano Bertazzoni

Riqualificazione ed eco-sostenibilità: da questo tema può ripartire la locomotiva Italia

In Italia c’è un alto numero di abitazioni vuote, circa 6 milioni di italiani vivono in zone ad alto rischio idrogeologico e 3 milioni di persone abitano in zone ad alto rischio sismico. Se poi si aggiunge il dato che il patrimonio edilizio è costituito in larga parte da case costruite male, nelle quali fa freddo d’inverno e caldo d’estate, la situazione della nostra edilizia appare drammatica.

Ma una via d’uscita esiste?

Io credo di sì ma al di là delle mie certezze reputo giusto che tutto il nostro sistema debba fare ogni sforzo in questa direzione. E’ importante impegnarsi per rendere più vivibili le nostre città, ammodernare l’edilizia esistente che oggi possono usufruire delle nuove tecnologie per migliorare la qualità della vita e la sicurezza delle persone che ci abitano o ci lavorano; dobbiamo rendere più belli e funzionali i quartieri soprattutto attraverso un’azione che miri a recuperare l’esistente.
Questo è uno scenario figlio di una tendenza che attraversa tutta l’Europa: le direttive per la certificazione e riqualificazione energetica degli edifici si strutturano in una strategia coerente (il cosiddetto 20-20-20) che in questi anni ha posto il vecchio continente all’avanguardia mondiale nella lotta ai cambiamenti climatici. Tutto questo indica una nuova strada da percorrere: quella della riqualificazione, del recupero dell’esistente e dell’innovazione tecnologica in edilizia.
Oltre poi ad avere un impatto sulla qualità del patrimonio edilizio, questa strada apre una forte breccia nella crisi di tutte le imprese che operano nel mondo delle costruzioni. Sono migliaia i posti di lavoro che si sono azzerati in questo settore. Una ferita figlia della tempesta perfetta scatenata dall’insieme di due fattori di crisi: uno congiunturale scatenato dalla bolla immobiliare del 2008, ed uno strutturale, cioè la crisi di un modello industriale non più idoneo alle esigenze del mercato, che non ha saputo reinventarsi in termini di dimensioni, non ha fatto sufficienti investimenti in ricerca ed innovazione dei materiali  e non ha saputo cogliere le opportunità che i nuovi stili di vivere hanno prodotto.

Chi ha saputo per tempo intervenire sui modelli industriali ed innovarli nella direzione della sostenibilità si è difeso meglio dalla crisi. Per questo la crisi delle costruzioni in Italia è più forte che in altri paesi.

Ma oggi per fortuna le cose stanno cambiando anche in Italia, ma occorre puntare ancor di più su due obiettivi: l’innovazione, perchè c’è bisogno di una profonda trasformazione delle pratiche progettuali e costruttive se si vuole realizzare sul serio un miglioramento della sostenibilità ambientale nelle costruzioni e in particolare delle prestazioni energetiche; e la messa in sicurezza del patrimonio edilizio in un territorio tanto fragile.
Ma alle buone intenzioni del sistema produttivo non può e non deve mancare la sponda istituzionale, perchè il settore delle costruzioni è fondamentale per far ripartire l’Italia. Lo è nel privato residenziale, nel commerciale e per quello che riguarda i grandi progetti.
Oggi  l’Italia, che ha fatto conoscere l’architettura al mondo, deve cambiar pelle ed è chiamata ad una nuova sfida: trasformare il proprio patrimonio edilizio in linea con le nuove frontiere del mercato immobiliare.