Con la guida del Prof.Massimo Facchinetti, docente di Disegno ambientale presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Brescia, conosciamo meglio una professione emergente: un nuovo concetto che si spinge oltre l’arredo urbano e che abbraccia qualsiasi elemento inserito nell’ambiente.
“Un’architettura è tanto più vera quanto più fedelmente essa riflette l’epoca in cui è sorta, conglobando nel termine ‘epoca’ la visione della vita che scaturisce dalla filosofia, dalla religione, dalla politica, dalla socialità, dalle condizioni tecniche e scientifiche del momento. Ogni tempo ha, dunque, una sua verità da esprimere: e conseguentemente ogni architettura fuori del tempo è intrinsecamente falsa”.
Rino Tami
Da una anomalia in ambito accademico e da una esigenza del mondo del lavoro, nasce una nuova disciplina: il Design Ambientale, un concetto innovativo che si spinge oltre l’arredo urbano e che abbraccia qualsiasi elemento inserito nell’ambiente. “Tracce” ha intervistato l’architetto Facchinetti, docente di design ambientale presso la Facoltà di Architettura di Brescia, che, insieme ad altri colleghi tra Firenze e Milano, ha coniato il neologismo. Con lui parliamo dei vari aspetti della nuova disciplina ma anche di etica e morale della produzione italiana nella sempre più competitiva sfida imposta dai mercati internazionali.
Professor Facchinetti, da cosa nasce l’esigenza di creare una cattedra di Design ambientale?
“Da parecchi anni si è sviluppata una maggiore attenzione per l’ambiente, sia da parte dei cittadini che da parte dell’Amministrazione Pubblica. Un esempio significativo sono i vari studi di impatto ambientale, come la VIA -Valutazione di impatto ambientale o la VAS – Valutazione ambientale strategica. Il Design Ambientale si collega quindi a una maggiore consapevolezza di cultura ambientale a tutti i livelli e fa proprio un concetto di progettazione che analizza tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto. Partendo dal presupposto che ogni oggetto debba avere la propria dignità ambientale, con riferimento alla scelta dei materiali da utilizzare, alla verifica che il prodotto possa essere riciclato e riutilizzato o possa facilmente essere smaltito come rifiuto, l’elemento di design, dal micro al macro, viene considerato non ultimo dal punto di vista estetico.
Da questa amplificata sensibilità nei confronti dell’ambiente e dalla mancanza in ambito accademico dell’insegnamento di questi concetti, abbiamo dato il via all’insegnamento della disciplina, supportati anche da varie esigenze da parte del mondo della produzione”.
Quale è lo stato della disciplina a livello internazionale?
“In tempi non sospetti, Rino Tami, consulente estetico per la Società Autostrade della Svizzera, già applicava concetti estetici e ambientali in un settore puramente tecnico-funzionale, studiando soluzioni anche formali per i coni di aerazione delle gallerie autostradali. Il design internazionale è da anni che sta seguendo queste direttive, il Gruppo di lavoro Design ambientale ne è un esempio. Oltre a connotazioni di tipo estetico, che sono comunque importantissime dal momento che la bellezza o la bruttezza di un oggetto è la prima cosa che si percepisce e che ci fa dire mi piace o non mi piace, ci si spinge oltre attribuendo al design connotazioni etiche e morali.
Questo si ricollega immediatamente al concetto di azienda di qualità, intesa come azienda che produce rispettando il singolo individuo e che applica tutti i criteri di sicurezza previsti dalla normativa. Si può quindi lavorare in termini di prodotto come comunicazione ambientale. Acquisito questo concetto, il problema Cina, con un mercato in assoluta mancanza di qualità e di controllo, non esisterà più”.
Tra i vari aspetti del design ambientale, uno assai importante è il colore…
“Le dimensioni di un oggetto sono tre, il colore ne è la quarta dimensione in quanto determina una diversa percezione dell’oggetto stesso. Per spiegare meglio il concetto consideriamo di traslare un quadro di Mondrian facendolo diventare architettura: il colore serve per articolare le superfici e dare movimento alla forma. Rispetto a un contesto ambientale, il colore può essere utilizzato per mimesi o secondo un concetto di applicazione dialettica. La scelta del colore richiede sempre uno studio dei luoghi in cui l’oggetto viene inserito. Nel caso di utilizzo del colore per mimesi, la ricerca deve essere orientata sulla gamma dei colori presenti e l’obiettivo è quello di una omogeneizzazione con l’ambiente. I numerosi Piani del colore che sono stati studiati e proposti da molte Amministrazioni pubbliche nascono proprio dal concetto di mimesi del colore . Un uso del colore casuale, o secondo una moda, rappresenta un errore di progettazione e denota immediatamente la non appartenenza al senso del luogo.
Nel caso di un utilizzo del colore per scelta dialettica, è necessario motivare il perché di quella scelta; ad esempio una motivazione può essere di contrapposizione con l’ambiente o di esaltazione dell’oggetto stesso. Il colore, protagonista di ogni quotidiana esperienza, è parte visibile delle radiazioni elettromagnetiche che va ad interagire con il sistema neurofisiologico attivando le funzioni emozionali, simboliche ed estetiche della corteccia cerebrale. Non si tratta di pura sensazione visiva, né di qualità oggettiva del mondo esterno, bensì di un fenomeno complesso che può essere analizzato da molteplici angolazioni.
Da un’analisi strutturale ne emergeranno le caratteristiche fisiche (tono, saturazione, luminosità, temperatura, etc.), da una “espressiva” quelle psicologiche. Ciò consente di comprendere i processi fisico-psichici, oltre che storico-culturali per cui il colore condiziona il nostro pensare e agire. Il colore dunque, risulta legato all’ambiente naturale, ma anche a quello artificiale, creato dall’uomo. Alla base di una corretta progettazione vi è la ricerca dell’armonia con il paesaggio circostante attraverso il concetto di mimesi, per il quale il nuovo progetto si veste dei colori del luogo, oppure quello di dialettica, secondo cui il luogo viene esaltato dal contrasto con un progetto dalla natura profondamente diversa.
Alla luce di ciò il colore oggi acquista valore aggiunto in quanto carattere distintivo del progetto al pari e talvolta più della forma stessa. Il colore si qualifica ormai come una nuova dimensione, tutta da progettare essa stessa, la “quarta dimensione”, appunto, del progetto.
Grazie agli sviluppi della tecnologia e della chimica, oltre che ad una maggiore versatilità progettuale, il colore conosce oggi nuove e impensate possibilità. I materiali da costruzione sviluppati negli ultimi anni hanno aperto le porte a nuove espressioni cromatiche che hanno mandato in frantumi la tradizionale concezione del colore quale mero complemento decorativo, sancendolo invece elemento strutturale del progetto”.