Giancarlo Marzorati

“Il disordine è utile, purchè abbia una sua logica riconoscibile e vi si sappia ritrovare ciò che si cerca. Altrimenti diventa caos”. La redazione della rivista di architettura Tracce continua i suoi dialoghi nel mondo dei professionisti: l’architetto Giancarlo Marzorati racconta la sua visione architettonica, in un dialogo aperto, alla redazione della rivista Tracce, nel suo studio di Sesto San Giovanni.

Quali sono le forme che la affascinano?

Mi hanno sempre affascinato le forme tondeggianti. Ricordo che il primo disegno che imparai a tracciare sul foglio, da bambino, era quello del fiasco. In fondo lo spazio si presenta così alla vista: tondo, attorno al nostro punto di osservazione. Gli elementi tondeggianti sono quelli che abbracciano volumi maggiori per una superficie data: non solo sono più efficienti, ma credo che siano più immediatamente consoni alla nostra capacità percettiva.

Il parco termale Aquardens in Valpolicella

Dopo il B4 Boscolo Hotel, quale il progetto in matita che non ha ancora fatto?

Ma al di là dei vari progetti, la cosa che più mi affascinerebbe progettare è un monastero. Non inteso solo come luogo di preghiera, aperto naturalmente a tutte le religioni. Penso a un luogo che debba far vivere l’interiorità, la pace e il rapporto con gli altri. Quindi qualcosa di cui siamo sempre meno abituati a fare, cioè il distacco dalle cose. Un luogo dove gustare il silenzio.

Hotel B4 a Milano

In Italia è molto vivo il tema della riqualificazione. Come stabilire cosa tenere e cosa reinventare?

Certamente il vecchio a volte viene confuso con l’antico ed è una cosa un po’ indegna, perché spesso ci troviamo davanti a grandi aree o strutture dismesse che creano dei veri vuoti urbani, che andrebbero riconvertiti con soluzioni importanti per la collettività. Ma proprio qui cominciano alcune riflessioni: cos’è importante per la collettività? Come questi luoghi, che rappresentano dei momenti di ridisegno e reinterpretazione, vanno pensati per la società che sta evolvendo. Quindi il problema che si pone è usare gli stessi edifici come involucri andando a nobilitarli, o agire in maniera traumatica e proporre totalmente il nuovo? Certo bisogna fare il possibile che questa nuova cellula urbana venga integrata nel contesto. Comunque io credo che ci sono archeologie che vanno conservate perché sono testimonianze di un passato; però è anche vero che può essere l’occasione che può liberare energia creativa per pensare a un futuro, immaginando qualcosa di diverso.

Un approccio moderno all’architettura e ai temi del design suggerisce di iniziare un progetto prima dalla forma o dalla funzione?

Anche questo è un vecchio problema: da dove cominciare?
Noi abbiamo fatto una proposta di casa verticale per ragioni urbanistiche, dove abbiamo immaginato un nuovo concetto di casa che abbiamo definito Pluralista. Il concetto di abitazione cambia e oggi, più che in altre epoche, ci si chiede cosa vuol dire abitare e vivere una casa. Non si tratta solo di avere degli spazi a disposizione. Casa Pluralista è un edificio di 13 piani fuori terra in cui troveranno espressione ogni modo di vivere la casa dei singoli abitanti: da chi preferisce le enormi finestrature a chi vuole una casa protettiva, oppure una casa pensata per accogliere gente o per chi vuole vivere con tanto verde.
Questo concetto di casa pluralista, che con l’Architetto Pesce abbiamo immaginato, rappresenta una sorta di provocazione. Questo edificio non avrà una singola facciata così come siamo ormai abituati, ma sarà un puzzle di diverse facciate che rispecchieranno le emozioni e il modo di vivere di chi vivrà queste abitazioni. Un vestito fatto su misura dove ognuno troverà la casa come la sua casa.

Casa Pluralista

Cosa ci si aspetta dall’architettura oggi. L’architetto deve diventare un po’ committenza di se stesso?

Rispondo con la famosa frase di Roger: il committente è la persona senza la quale non puoi fare architettura, ma con la quale nemmeno fai. Gli stimoli devono partire dal committente, quello che abiterà e userà la casa, e l’architetto deve aiutare a rendere possibili i bisogni della committenza, senza imporsi con le proprie idee. Spesso gli architetti tendono a fare un monumento a se stessi ma si dovrebbe cambiare approccio: la progettazione deve camminare a fianco con chi sarà l’utilizzatore degli spazi.

Cosa si sente di dire ad un giovane architetto?

Di restare giovane. Questa è una battuta rubata a Marco Zanuso che diceva: per fare il mestiere dell’architetto bisogna viaggiare, muoversi, essere curiosi, rimanere giovani dentro.


Copyright: Giancarlo Marzorati
Tutte le immagini per gentile concessione di Giancarlo Marzorati.