Bice Curiger

Arte e architettura si fondono nel tema ILLUMInazioni: il titolo che Bice Curiger, curatrice della 54° Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, ha scelto per connotare la Biennale 2011. Da sempre la Biennale rappresenta il punto d’incontro fra la creatività in senso globale e le specificità dell’architettura, con contaminazioni evidenti anche in questa Esposizione, dove la Curiger mostra di accentuarne le sinergie. Per questo Tracce ha chiesto alla curatrice di indicare i percorsi di una proposta che parla di “arte ad arte”, inserendo le emozioni, il linguaggio complesso della cultura visiva contemporanea in spazi architettonici che sono da un lato storici (pensiamo ad esempio all’Arsenale) e d’altro lato creati appositamente per lo scopo.
I filoni che caratterizzano l’Esposizione 2011 si svolgono intorno a due grandi temi, che come ci precisa la Curiger “sono essenzialmente il concetto della forza luce e il tema della nazionalità”.  Il mondo dell’arte oggi è attraversato da uno spirito che trascende i confini nazionali: gli stessi artisti hanno un’anima sfaccettata e un’identità poliedrica, spesso si definiscono e si sentono nomadi e migranti della cultura. Lo si nota nelle opere esposte così come nei contenitori architettonici dove la creatività  trova la sua dimensione ideale per esprimersi.

Nel titolo di questa edizione, mettendo in rilievo il finto suffisso “nazioni”, il titolo stesso subisce un’estensione semantica fino al mondo del reale e all’interno delle dimensioni sociopolitiche,  sottolineando di rimando la situazione particolare della biennale di Venezia con i suoi padiglioni nazionali: “lontana dalla definizione conservatrice del concetto di  nazione o di frontiera  – afferma ancora la Curiger –  l’arte ha il potenziale  di sperimentare nuove forme di comunità , di negoziare differenze e affinità in maniera esemplare per il futuro”.  Questo spiega il grande numero dei partecipanti (83 artisti) chiamati ad esporre,  giunti da ogni parte del mondo perché oggi sono tanti i Paesi emergenti che desiderano presentare le loro proposte sulla scena internazionale. “La Biennale fu fondata nella convinzione che l’arte costituisca uno degli elementi più preziosi della civiltà e promuova la libertà di pensiero cosi come la comprensione fraterna fra tutti i popoli”, sottolinea con determinazione la Curiger. Ecco perché la curatrice ha sollecitato una collaborazione assolutamente originale fra artisti di diverse nazionalità, invitati ad elaborare il contesto architettonico – i cosiddetti parapadiglioni – nel quale inserire il lavoro di altri, esprimendosi  con un linguaggio creativo  ideale per territori  artistici senza frontiere. “A differenza della consueta narrazione additiva, che dispone una accanto all’altra le opere di singoli artisti nell’ambito di mostre collettive, i parapadiglioni mirano a dinamizzare la presentazione. Sono sorte così nuove forme di collaborazione tra gli artisti. L’avvicinamento reciproco tra artisti è stato ricercato attraverso un ulteriore intervento curatoriale, elaborando cinque domande relative alla tematica dell’identità, che sono state poste sia agli artisti dell’Esposizione Internazionale, sia a quelli dei padiglioni nazionali. Le riposte sono state riprodotte nel catalogo, dove le voci degli artisti sono chiamate a comporre un paesaggio mentale collettivo e contemporaneo”.


Anche il discorso della luce e della sua forza è per Bice Curiger  tema principe per una Biennale: “perché perfettamente inserito nel contesto di una città d’acqua, unica al mondo come Venezia, dove l’arte è sempre stata rischiarata  dai bagliori della creatività che ha ispirato i grandi maestri di tutti i tempi”.  Ed ecco che passando tra i vari padiglioni, mentre il visitatore è immerso nella riflessione sulla contemporaneità, la curatrice  ha inserito,  con la forza e l’energia di uno lampo poetico,  un tributo a Tintoretto.  Si proprio lui, il pittore della luce “una luce febbrile”, tiene a precisare la Curiger.  Nulla succede per caso, c’è un filo logico che unisce il passato e il presente proprio perché molti artisti presenti si sono ispirati per le opere esposte al grande maestro veneziano. “La sua arte è sotto molteplici aspetti eterodossa e sperimentale, ma invece di indagare sulle analogie superficialmente formali che potrebbero sussistere fra Tintoretto e l’arte contemporanea si fa riferimento ad un’energia pittorica assolutamente anticlassica. Un’energia che si nutre anche della fruizione provocata dal fatto che un pittore della tradizione sia finito in un contesto attuale”. Una Biennale questa del 2011 che si qualifica per le scelte coraggiose, la rottura di spazi temporali che in genere connotano le mostre d’arte dedicate alla contemporaneità, per i metodi innovativi e  i principi internazionali ma non “globalizzati” che hanno guidato e regolato tutta la sua organizzazione.
“ILLUMInazioni presenta un’arte attuale – ci dice la Curiger – , plasmata da gesti che tendono verso una collettività e riferiscono al contempo di un’identità frammentata, di relazioni temporanee e di oggetti in cui è inscritta la transitorietà. Se l’aspetto comunicativo è cruciale per le idee che sottostanno a ILLUMInazioni, esso è manifesto nell’arte che spesso dichiara e ricerca la vicinanza con la natura pulsante della vita. Tale aspetto è più importante che mai oggi, in quest’epoca in cui il nostro senso della realtà è messo profondamente in discussione dai mondi virtuali e simulati. Questa Biennale fa anche riferimento alla fede nell’arte e nel suo potenziale. Gli artisti lavorano senza reti di protezione, mettendo in dubbio le loro idee e cercando sempre di fare del proprio meglio, e chi lavora con loro non può evitare di esserne ispirato.  Sempre nelle parole della Curiger si può cogliere anche la tensione che caratterizza questo momento in campo artistico-culturale, dove un certo “ritorno all’ordine”, alle correnti nelle quali riconoscersi, fa da contrappunto una libertà che a volte sfiora l’anarchia.
“Oggi la Biennale di Venezia è a ogni modo il luogo del mondo dove si incontrano sia le cerchie degli artisti sedentari che quelle degli artisti migranti, un teatro dove occorre negoziare che cosa dovranno essere in futuro la cultura e l’arte in un mondo globalizzato, quali valori meriteranno di essere difesi e da quali bisognerà prendere le distanze”.

Note biografiche

Bice Curiger, Zurighese, classe 1948, storica dell’arte con lauree e innumerevoli perfezionamenti, è stata la prima donna chiamata a dirigere la Biennale d’Arte di Venezia. Una decisione basata su una grande esperienza professionale e una carica innovativa riconosciuta a livello internazionale, confermata in più occasioni.  Fin dai primi anni Novanta è diventata curatrice di uno dei più famosi musei al mondo di arte contemporanea: il Kunsthaus di Zurigo, struttura che si distingue per la grande qualità delle esposizioni. Dal 1984, per oltre dieci anni, ha fatto parte del consiglio delle arti per la Svizzera. Nel 2007 ha curato la apprezzate retrospettive su Peter Fischl e David Weiss organizzate presso la Tate Moderm di Londra. Nel 1996 ha proposto la mostra itinerante dedicata a Meret Oppenheim negli Stati Uniti, che aveva come tappa iniziale il Guggeheneim Museum di New York. Impegnata anche in campo editoriale, è l’autrice di pubblicazioni che si occupano di arte contemporanea “al femminile”, fra queste un libro su Georgia O’Keeffe e una  biografia della Oppenheim. Dal 2004 al 2006 ha tenuto la cattedra che fu di Rudolph  Arnheim all’università di Berlino. E’ fondatrice della rivista “Parkett”, un punto di riferimento nel mondo dell’arte, nella quale riveste attualmente il ruolo di capo redattrice. E’ inoltre direttrice editoriale di Tate, house organ  della Tate Gallery di Londra.