Antonio Bramati: architetto con l’anima green

Giuseppe Allegro per la redazione di Tracce ha incontrato Antonio Bramati, 45 anni, una Laurea in Architettura e una passione professionale tutta orientata ai temi della sostenibilità in edilizia.

Da dove e perché nasce la sua dedizione su queste tematiche?

Ho accumulato esperienze fin dai primordi nel mondo del legno e dell’arredo d’interni a tutto tondo e non solo in patria, con tuffi vari nella storia per via del recupero e rimessaggio dell’antiquariato. Quindi sono proseguite nell’ambito degli allestimenti e delle ristrutturazioni, quando il progettare diventò preponderante sul fare, per giungere a giocare con l’intricato mondo degli impianti. Questo fino a circa il 2005, periodo in cui si cominciarono a masticare concetti come sostenibilità energetica e benessere indoor, quando, alla domanda “ma tu di cosa ti occupi?”, si è voluto cercare di dare risposta: era maturo il momento per me, sia a livello normativo che di esperienze personali, per seguire l’onda di quella piccola, grande rivoluzione in ambito edilizio. Per il  mondo delle costruzioni e della progettazione in testa,  si era giunti ad una sorta di aggiornamento, di 2.0. Questo ha significato per me mettere in fila le conoscenze accumulate nei singoli campi d’azione e creare un pacchetto d’attacco funzionale alla gestione di tutta la genesi del fatto edilizio in chiave sostenibile, non solo dal punto di vista energetico tanto di moda, ma conseguentemente anche e soprattutto da quello del peso del mantenimento giornaliero di ciò che adesso si definisce a ragion veduta involucro edilizio (parte statica) e relativi impianti (parte funzionale), il tutto calato nell’attualità di una normativa in fermento (riqualificazioni energetiche, premi, incentivi, conti energia e conti termici, detrazioni etc).

La differenza sostanziale tra il vecchio modo di fare edilizia e quindi progettazione di settore e il nuovo è che ora si è messo a punto, ognuno con la propria sensibilità e preparazione, uno strumento poliedrico, assimilabile al configurator per le automobili, che se utilizzato appieno delle sue possibilità può permettere veramente di partire con il piede giusto: progettare ovvero prevedere effettivamente sia “l’oggetto” nella sua complessità e unicità come da richieste della committenza, sia il suo dopo, la sua gestibilità  e durevolezza, la sua conduzione nel tempo”.

Costruire il nuovo. Ci da la sua visione e un focus sull’attualità della stato dell’arte?

Attualmente, vista la situazione contingente, nel settore edilizio in generale, si guarda alle nuove edificazioni quasi esclusivamente con occhi rivolti alla sostenibilità del prodotto. Questo perché lo stesso deve essere in primis appetibile in fase di vendita, deve dire o meglio certificare all’acquirente il proprio valore come investimento (caratteristiche prestazionali), come oggetto esteticamente valido (design), come oggetto ben eseguito (qualità delle lavorazioni), come inserimento nel contesto (studio di impatto ambientale) e soprattutto come grado di sostenibilità (qualita’ e prestazioni dei materiali, degli impianti e delle tecnologie impiegate).
Cosa rappresenta dal suo punto di vista il recupero del parco immobiliare italiano?
Di sicuro una valida opportunità per cambiar pelle e valorizzare qualitativamente l’edilizia nel nostro Paese. Ciò avrebbe un impatto molto significativo e anche bisogno di occupazione, del creare lavoro sia per il settore edilizia che per la sua filiera e per i settori ad essa connessi, costituendo un’area complementare che con la nuova edilizia si è sensibilmente incrementata.
Il focus si concentrerebbe su tutta quella edilizia di medio-basso livello frutto del boom edilizio targato anni 60-70 che aveva come obiettivo, purtroppo, solo il parametro della quantità.
Se poi pensiamo che in Italia c’è un vasto parco di edifici storici da riqualificare il discorso si arricchisce di ulteriori aspetti, ad esempio il dover dimostrare sul campo la differenza di know how dei professionisti del settore che possono vantare valenze e nozioni storiche di un certo livello e unicità per poter dare nuova vita alle aree, senza privarle della propria anima.

Non crede però che non basti la professionalità ma ci voglia soprattutto sensibilità per occuparsi di questi argomenti?

La prima riflessione che si deve compiere, sia che si approcci la situazione del piccolo proprietario privato, dell’amministratore comunale o delle grandi opere, è quella di ragionare e operare partendo dalla classica manutenzione periodica, ordinaria o straordinaria avendo l’accortezza di attualizzare il modus operandi. Ovvero gestire la cosa di routine come se fosse, e lo è, un’inattesa ottima opportunità per sistemare le pecche. Con questo piglio iniziale si può ottenere:
1- Presa di coscienza dei propri consumi (acqua, elettricità, gas) e del peso dei relativi costi sulle voci di bilancio – FASE DI ANALISI 1= audit energetico;
2- Presa visione dello stato di fatto di involucro opaco, involucro trasparente e impianti del proprio stabile – FASE DI ANALISI 2= sopralluoghi;
3- Sviluppo di considerazioni riguardanti il raffronto tra quello che si ha e quello che si vuole, vorrebbe  ottenere – FASE DI valutazione dei risultati e genesi di proposte risolutive;
4- Confronto tra un’ipotesi light ed una all inclusive e relativi pro e contro in rapporto ad un budget di base prestabilito
Per poi riagganciarci al classico iter di gestione della commessa che dopo la fase di studio e progetto prevede:
5- Ricerca degli operatori più idonei e confronto delle rispettive proposte tecniche ed economiche
6- Assegnazione dei lavori / incarichi….etc. etc.