Progettista: Zaha Hadid Architects
Anno di realizzazione: 2007
Tipo di costruzione: padiglione mobile per esposizioni culturali
Committente: Chanel
Copyright: Zaha Hadid Architects
Foto: Francois Lacour
“Credo che la nostra architettura sia capace di offrire alle persone la prospettiva di un mondo alternativo, da cui lasciarsi entusiasmare. È intuitiva, radicale, internazionale e dinamica. Il nostro impegno sta nel mettere a punto opere in grado di regalare esperienze originali, insolite ed uniche, capaci di trasmettere sensazioni simili a quelle che si provano nel conoscere un nuovo paese. Sono questi i principi che hanno ispirato il Mobile Art Pavilion”.
Suscitare la curiosità di una persona è un tema costante nell’opera di Zaha Hadid. Il Padiglione Mobile Art è un passo nell’evoluzione del linguaggio architettonico di Hadid che genera una sensualità scultorea. La forma organica del Mobile Art Pavilion si è evoluta dalle forme a spirale che si trovano in natura.
Dopo aver fatto tappa a Hong Kong, Tokyo e New York a partire dal 2007, il grande “guscio bianco” in materiale riflettente, donato da Chanel all’Institut du Monde Arabe di Parigi a inizio 2011, verrà utilizzato per sviluppare ulteriormente i programmi culturali del Centro, presentando attraverso mostre ed eventi il lavoro dei nuovi artisti contemporanei provenienti dai paesi arabi.
Questa nuova architettura fiorisce attraverso i nuovi strumenti di modellazione digitale che permettono il processo di progettazione con tecniche di fluidità continua. Una fluidità che risalta nella contrapposizione visiva con il vicino Istituto del Mondo Arabo, dove un modulo geometrico si ripete regolarmente per tutta la facciata. Il design del padiglione parte infatti dalla distorsione parametrica di quello che nell’architettura classica viene chiamato “toro”, ovvero di una modanatura a sezione semicircolare, convessa, collocata in prevalenza nel basamento della colonna (detta anche astragalo o cordone), la cui forma geometrica pura rappresenta in questo caso il diagramma di base dello spazio espositivo.
“Si tratta di un linguaggio architettonico fatto di fluidità e natura – spiega l’autrice del progetto – ottenuto grazie a strumenti digitali che ci hanno consentito di realizzare un padiglione dalle forme organiche, in luogo del mero ordine ripetitivo che contraddistingue l’architettura industriale del XX secolo”.
L’involucro che avvolge il Mobile Art Pavilion, soprannominato il grande “guscio bianco”, è composto da una successione di elementi ad arco in materiale riflettente, che ben si integra con l’uso delle tecnologie digitali. Infatti, il design del padiglione si basa sul concetto della distorsione in sezioni semicircolari e convesse, da cui partono una varietà di spazi espositivi interni.
Attraverso una serie di tagli nell’involucro di copertura del volume, la luce naturale incontra quella artificiale, mentre al centro della struttura si apre una corte interna ampia 65 metri quadrati, protetta da una copertura trasparente, da cui guardare il cielo. Gli elementi modulari, che assemblati insieme lo compongono, non superano i 2.25 m di larghezza; tale segmentazione ha permesso di semplificare notevolmente le operazioni di smontaggio, trasporto e riassemblaggio dei vari elementi durante le passate trasferte in giro per il mondo.
Design: Zaha Hadid and Patrik Schumacher
Project Architect: Thomas Vietzke, Jens Borstelmann
Project Team: Helen Lee, Claudia Wulf, Erhan Patat, Tetsuya Yamasaki, Daniel Fiser
Structural Engineer: Arup (London)
Materials:
Facade Cladding: Fibre Re-inforced Plastic
Roof: PVC, ETFE roof lights
Secondary Structure: Aluminum extrusions
Primary Structure: Steel 74t (69t Pavilion and 5t Ticket Office), 1752 different steel connections