Complesso Parrocchiale del Santo Volto di Gesù, Roma

Progettisti: Piero Sartogo, Nathalie Grenon
Periodo di costruzione 1998 – 2006
Committente: Opera Romana per la preservazione della fede e la provvista di nuove chiese in Roma
Copyright: Archivio Sartogo Architetti
Foto: Andrea Jemolo

Un punto dell’area del tutto virtuale, sede di una Croce circondata dal verde, in cui convergono tutte le linee di fuga che generano e conformano le volumetrie del progetto. La chiesa del Santo Volto di Gesù è spezzata in due con un forte segno spaziale e morfologico di separazione costituito dal percorso a cielo aperto, il “percorso luminoso”, che concorre verso il punto di fuga della Croce, ben al di la dell’edificio, che è anche il punto di conquista simbolico-reale del progetto. Si trattava di valorizzare le potenzialità edificatorie dell’angolo tra via della Magliana e la sua perpendicolare, tra il fronte con le palazzine e il fronte sulla grande via alberata in contiguità con l’ansa del Tevere. Lo spazio aperto che si viene a creare nella zona di massima divergenza delle linee prospettiche è l’ampio sagrato che si apre verso l’angolo delle strade su cui affaccia l’area.

Si ottiene così il luogo significativo dell’invito e dell’accoglienza: il sagrato come una grande “V” si apre simulando due braccia tese verso la città e suggerisce l’idea della città-comunitas che penetra lo spazio sacro. Il sagrato è concepito come un vuoto urbano ricavato per sottrazione dalla massa solida del costruito come una piazza cerniera tra la città e la chiesa. Un vuoto architettonico che si offre quale luogo di incontro e di socializzazione, in risposta al problema dell’assenza di un vero e proprio luogo pubblico nel quartiere.
Un forte setto lineare con le sedute ricavate dal suo piede ed affacciate sul sagrato connota il sistema dei percorsi in orizzontale e verticale che collega funzionalmente e percettivamente le aule, l’auditorium, gli uffici parrocchiali e la foresteria. Il profilo prospettico di questo grande elemento lineare culmina sulla testata con lo spazio per le campane rivolte verso l’abitato.

La geometria delle matrici lineari si sovrappone a quella delle matrici curvilinee, cilindriche e sferiche; queste ultime connotano gli spazi più aggregativi del complesso, quale l’aula liturgica a ventaglio sormontata dalla semicupola e, nel corpo contrapposto, il semicerchio dell’auditorium e delle aule per la catechesi.
L’epicentro compositivo interno-esterno è costituito da una sfera virtuale, che si legge in pianta come sommatoria dell’abside esterna e del podio interno semicircolare con l’altare situato in centro, separati da un diaframma trasparente. Per sottrazione la semicupola destinata a coprire lo spazio esterno non c’è: è rimasta la sola metà che connota l’aula dove si svolge la funzione sacrale, separata dall’abside esterno dal grande diaframma trasparente.

Nell’aula ecclesiale la copertura piana della zona assembleare viene nettamente tagliata dallo scatto verticale della semicupola che si innalza sul presbiterio fino alla cesura con la grande vetrata circolare retrostante l’altare, accentuandone l’efficacia costruttiva anche grazie alla luce naturale.
La sfida era definire l’articolazione spaziale dell’aula ecclesiale senza interposizione di pilastrature che interrompessero la continuità dell’invaso interno. Per ottenere ciò la semicupola è sostenuta a sbalzo dalla struttura circolare in acciaio di circa 20 metri di diametro. Come scrive Massimo Locci, “Non era mai stata concepita una cupola che racchiude, come in questo caso, sia lo spazio interno, sia lo spazio esterno. In verità si tratta di due semicupole, una interna canonica ed una esterna virtuale strettamente relazionate, in termini di continuità geometrica e percettiva. Un invaso esterno che è interno a se stesso, separato solo dalla grande vetrata le cui orditure sono disposte in prospettiva alludendo alla matrice sferica del volume.
Dal punto di vista volumetrico il luogo di culto offre una forte compattezza, un aspetto monolitico enfatizzato dall’uso di un unico materiale, il travertino romano, che avvolge tutte le superfici che delimitano lo spazio sacro culminando sulla semicupola.
Il blocco delle aule, invece, mantiene una più spinta articolazione, sottolineata da una molteplicità di materiali ( pietra serena, intonaco rosso, vetrocemento). La vivacità dello sviluppo planimetrico, articolato con le aule per la catechesi disposte intorno all’atrio-piazza interno, è rispecchiata nei volumi dalla giustapposizione di colori, intensi e contrastanti, che ne esaltano l’organicità. Si percepisce molto bene, attraverso piccoli particolari, il linguaggio base dell’architettura mediterranea, fatta “con le mani”, in situ, tettonica di massa scavata e non stratificazioni a secco.
L’edificio si svolge all’interno dell’invaso a doppia altezza, con scala e ballatoio che disimpegnano le aule a forma trapezoidale con un lato completamente vetrato, nel quale le finestre galleggiano su superfici in vetrocemento.
Questa soluzione architettonica nasce dalla necessità di inondare le aule di luce naturale, proteggendole dall’introspezione con i palazzi a pochi metri di distanza.
La casa parrocchiale rappresenta il luogo dei giovani. Si è pertanto cercato di dare un’impronta di vivacità attraverso un uso di materiale e colori che alludesse ad un microcosmo urbano di piazze e strade. Non a caso i parapetti, sproporzionatamente alti per bambini, fanno percepire loro il ballatoio come una strada con i proprio incroci e i fronti dei palazzi che la delimitano. E’ un paesaggio disegnato per i piccoli, un paesaggio del quotidiano che vive alimentato dalla presenza e che attraverso il tempo della presenza si costituisce come campo di relazioni complesse, come spazio estetico.

Con la chiesa del Santo Volto di Gesù viene inoltre ristabilito il dialogo tra arte e architettura: riprendendo la prassi secolare di concepire il tempio come un’opera corale, gli architetti Piero Sartogo e Nathalie Grenon e gli artisti, Carla Accardi, Chiara Dynys, Eliseo Mattiacci, Mimmo, Pietro Ruffo, Marco Tirelli, Ignazio Breccia, Giuseppe Uncini hanno interagito integrando pittura, scultura ed architettura in un unicum irripetibile.