Le sue opere sono spesso protagoniste di mostre nel Nord Europa e in tutto il mondo come al Museum of Modern Art di New York, dove alcune sue creazioni fanno parte della collezione permanente. Stiamo parliamo di Jakob Wagner, incontrato dalla redazione di Tracce, per raccogliere e raccontare la filosofia di questo designer che spesso esprime una sorta di tensione equilibrata tra gli opposti, contrapponendo lo statico al dinamico, la simmetria all’asimmetria, il maschile al femminile, l’organico al geometrico. Una continua sfida lanciata ai nostri sensi per rendere viva l’opera che deve suscitare emozioni.
A tu per tu con Jakob nel suo studio di Copenaghen, abbiamo percorso e analizzato alcuni temi del design.
Iniziamo dai suoi lavori che rappresentano un design caratterizzato da linee e forme minimali.
Mi piace pensare al processo di creazione come un’evoluzione della natura, dove il minimalismo è il principio fondamentale. Nella natura la bellezza è semplicemente un sottoprodotto, basti pensare alla struttura ossea degli uccelli, nemmeno un grammo di troppo e vero piacere scultoreo.
Personalmente interpreto il minimalismo con il termine “nudo”, che semplicemente si riferisce allo spogliarsi di tutti i dettagli non strettamente necessari. Credo inoltre che una forma semplificata, con una chiara espressione, per noi possa essere più semplice da comprendere e apprezzare. Non ci stanchiamo di questo tipo di forme così facilmente e perciò possono durare di più.
Ma c’è una trappola: troppo semplice significa “noioso”. Gli oggetti dovrebbero toccarci e sedurci attraverso espressioni sottili e “biologiche”, che nessuna parola potrà mai descrivere.
Il mio approccio è quello di trovare un equilibrio naturale che permetta ai miei oggetti di essere sia nudi che attraenti.
La sua cultura, del Nord Europa, contagia il suo lavoro e la sua creatività?
Non penso molto a questo, ma credo che mi influenzi, un po’. Sicuramente abbiamo una lunga tradizione di design “cosciente” in Danimarca. Molti ottimi prodotti sono stati creati e commercializzati fin dagli anni ’50 non come marchi costosi per una nicchia, bensì come pezzi accessibili per le masse.
E non solo gli oggetti, ma anche interi sistemi e il nostro modo di fare le cose sono stati incentrati sui bisogni umani. Pedalo fino a Copenaghen al lavoro ogni giorno perché la città è attentamente progettata per renderla sicura e “easy” per i ciclisti. Per essere precisi, Copenaghen è il modello ideale per molte metropoli mondiali, da New York a Melbourne, che desiderano diventare città “biking friendly”.
Immagino le precise considerazioni per il processo di design visto nel contesto: l’attenzione per il dettaglio e il desiderio di raggiungere una logica e un’apparenza cristalline ne sono le componenti chiave.
Come creare prodotti internazionali “senza confini”, per il mercato globale?
L’ultima parte del mio percorso di studi è stata in una scuola di design internazionale in Svizzera, con persone e insegnanti da ogni angolo del mondo. Questo ha davvero messo in discussione il mio atteggiamento scandinavo in un modo molto positivo e ha aperto la mia mente a differenti approcci rispetto al pensiero mirato alla creazione del design.
Fondamentalmente credo che una buona idea sia globale nella sua essenza. Se un prodotto o un pezzo di mobilio è ben considerato e possiede integrità, avrà ampio fascino e potrà facilmente superare i confini nazionali.
Forma estetica e funzionalità: è sempre possibile trovare il giusto equilibrio.
Dunque…può essere una lotta lunga e difficile, alle volte, specialmente mentre si producono oggetti “tecnici”. Penso che oggi i designers fronteggino maggiori sfide rispetto al passato. Ora tanto si produce in Cina e noi non abbiamo le stesse relazioni e feed back dalle produzioni. Il tempo di sviluppo è troppo breve e i budget, a volte, troppo bassi per fare tutti i prototipi e gli esperimenti necessari. D’altro canto, attualmente abbiamo software 3D avanzati e attrezzature Rapid Prototyping, che ci permettono di passare molto rapidamente da un’idea a un modello fisico che possiamo utilizzare e testare.
E le emozioni di un oggetto?
Sono io stesso il primo a testare l’oggetto: se percepisco una calda sensazione nel mio cuore, c’è una possibilità piuttosto buona che anche altri possano provarla.
Penso inoltre che la funzione è sempre il punto di partenza e iniziando da lì cerco di invitare l’utilizzatore a relazionarsi con l’oggetto. La relazione oggetto-uomo è un elemento che considero molto importante. Mi vedo come se fossi il regista di quella relazione e cerco di far sì che si tratti di una storia d’amore senza delusioni e che possa durare nel tempo.
Essenzialmente penso che ogni uomo abbia un’anima vivace e io tento di indirizzarmi ad essa direttamente o indirettamente. Posso ottenere quel risultato tramite piccoli dettagli come il trattamento delle superfici, un manico che invoglia la presa, una curvatura della forma irrazionale o una creazione che chiede solo di essere toccata ed esplorata. Ogni oggetto di questo mondo veicola informazioni riguardo a cosa è e cosa può fare. Mi piace che questa storia abbia integrità e sentimento. Se si è in presenza di un riferimento denso di significato, si arriva ad avere qualcosa che può diventare una storia importante incorporata nell’oggetto finale.
Non c’è nulla di giusto o sbagliato, si procede solo per istinto e ci sono molti vicoli ciechi da percorrere.
Come si origina uno dei suoi prodotti?
Qualche anno fa la società start up Muuto mi chiese di progettare una brocca in ceramica per la prima collezione dei loro oggetti scandinavi di uso comune a prezzi ragionevoli. Ne avevo fatte di piccole in porcellana e non avevo esperienza nel design di brocche, quindi iniziai analizzandone l’uso.
Doveva essere riempita velocemente senza che il contenuto si rovesciasse, doveva avere un litro circa di capacità ed essere stabile, doveva esserci un punto preciso per avere una solida presa e doveva avere le caratteristiche per versare il contenuto in un bicchiere con precisione.
Con queste quattro ugualmente importanti caratteristiche in mente cominciai a costruire l’anatomia del bricco nel modo più semplice e naturale in cui potessi scolpirlo. La forma è una conseguenza del processo e la storia è chiara: riempimi dal buco più largo, afferrami qui e versa il mio contenuto dal foro più piccolo.
Nel suo atelier del design nel cuore di Copenaghen, Jakob Wagner ha dedicato una prima parte della sua attività al mondo sportivo e professionale, per aziende del calibro di Scubapro, Porsche, Dräger e Pioneer. Ma con il passare del tempo si è appassionato agli arredi per la casa e ha iniziato a collaborare con Iittala, Georg Jensen, Menu, Biomega, Bang & Olufsen e WMF. Nel 2001 arrivano i mobili e complementi d’arredo. Attualmente collabora con Moroso, Magis, Fornasarig e Hay, B&B Italia.
Per B&B Italia ha recentemente creato il “Link”, un progetto di tavolo innovativo realizzato con un materiale utilizzato per le vasche da bagno: il Cristalplant.
Ho subìto per molto tempo il fascino del “Corian”, ma è solo prodotto in blocco e quindi è molto difficile crearci delle forme. Ho quindi trovato il materiale “Cristalplant”, che è molto simile al “Corian” ma può essere modellato: libertà di plasmare forme. Non è a base di petrolio ed è un materiale davvero eco-friendly. Volevo vedere quanto poteva essere grande in termini di dimensioni il materiale e quindi proposi a B&B un tavolo monoblocco. Il progetto è piaciuto e colsi la sfida di realizzarlo arrivando alle ragguardevoli misure di 250 x 100 cm.
Ho proposto una forma simile a quella di un foglio di carta con gli angoli piegati verso il basso per sostenerlo sollevato. Sul lato inferiore c’è la struttura di supporto, progettata come uno scheletro. In questo modo lo stile realmente minimale nella sua immediata espressione si coniuga alla perfezione con la ricchezza scultorea dei dettagli nascosti. I bordi del piano del tavolo sono sottili e increspati e crescono “senza cuciture” nelle gambe, più “muscolose”. Abbiamo cercato di togliere quanto più materiale possibile, cosicché la forma rimanente è un’immagine di come le sue sole forze reggono la struttura.
Il design è considerato una finestra sul futuro. Quali sono le principali innovazioni e le tendenze che ci attendono.
Viaggio un po’ per il mondo e vivo in una città che tiene in considerazione la qualità delle nostre vite. Tutto ciò mi fornisce molti input e mantiene i miei piedi ben piantati a terra. Ora che la tecnologia e le manifatture sono accessibili a chiunque sul pianeta, i designers devono pensare in modo più intelligente rispetto al passato. Dobbiamo indirizzarci verso scenari più complessi.
Io cerco semplicemente di seguire il mio istinto e di essere il più sensibile possibile ai dettagli e alle storie trasposte negli oggetti, che ci connettono agli altri e ci toccano a livello emozionale.
Il progetto che non ha ancora fatto e che vorrebbe realizzare?
Recentemente ho iniziato a operare con l’illuminazione, un’area nella quale credo di poter contribuire in modo sostanziale. La luce è un mezzo meraviglioso con il quale giocare e ci sono molte nuove tecnologie che possono espandere le classiche modalità di utilizzo rispetto al solito uso domestico o di ufficio.
Ogni giorno di più sento l’urgenza, la pressione di progettare oggetti che possano realmente fare la differenza per molte persone che desiderano migliorare la propria vita, specialmente nell’educazione nel terzo mondo, dove le nostre competenze e il nostro progresso possono essere applicati in maniera intelligente, per permettere alle giovani generazioni di imparare a contribuire al benessere delle loro società.
Sono anche profondamente affascinato dal settore della biomimetrica, nella quale studiamo tecniche e sistemi naturali e li applichiamo per risolvere i problemi del genere umano in un’ottica di sostenibilità. E’ un settore ancora relativamente nuovo ma credo crescerà enormemente in futuro.
Sono appena stato contattato da una neonata società caratterizzata da un approccio completamente nuovo rispetto a come la catena di valore è organizzata e come i valori sono condivisi. Con un focus sulle competenze delle comunità locali e le manifatture sostenibili in diversi centri nel mondo, sembra che possano reinventare i bei tempi, quando conoscevamo la persona che aveva creato il nostro arredamento, proprio lungo la strada.
Pillola Biografica
Nato a Copenhagen nel 1963, ha ottenuto il suo primo diploma in design proprio nel suo Paese. Dopo aver frequentato diverse scuole internazionali, nel 1992 si è laureato in design del prodotto all’Art Center di Montreux in Svizzera.
Articolo a cura di Giuseppe Allegro