Tadao Ando

TADAO ANDO
L’ARCHITETTURA TRA TRADIZIONE E CONTEMPORANEITA’

Simbolo di un’arte del progettare “tra estremi opposti”, interpreta l’architettura come espressione del linguaggio della natura e come moto delle emozioni interiori che è possibile percepire con gli occhi e la mente.

Lontano da ogni clichè di antiche o moderne correnti architettoniche, Tadao Ando può essere a ragione considerato l’emblema di un’architettura autonoma e indipendente, fondata sulla concezione di se stessa come “espressione del modo in cui si danno risposte alle domande della natura”, come lui stesso ha dichiarato. L’intervista di Tracce offre l’opportunità di comprendere il significato dell’arte di progettare “tra estremi opposti: occidente e oriente, astrazione e figurazione, storia e presente, passato e futuro”, illustrato dall’architetto giapponese stesso.

Come percepisce la relazione tra architettura tradizionale e contemporanea in Giappone: ritiene che l’architettura contemporanea sottovaluti il valore delle esperienze del passato?

“L’architettura è opera di individui e, in quanto tale, si realizza in un contesto fatto di storia, tradizione e clima. Il rapporto tra natura ed architettura e la relazione tra paesaggio ed edifici nella tradizione giapponese, sono fonti di ispirazione e suggerimenti molto utili nella fase progettuale di una costruzione. Ritengo, comunque, che l’architettura non debba limitarsi a rispecchiare i tempi, ma debba dimostrare una certa autonomia critica dall’espressione del tempo in cui è inserita”.

Come interpreta, invece, la relazione tra l’architettura contemporanea delle grandi metropoli giapponesi e la tendenza dell’architettura globale?

“Nell’attuale società globale le grandi metropoli di tutto il mondo presentano molti elementi comuni dal punto di vista architettonico, perciò è sempre più difficile realizzare costruzioni con caratteristiche originali di una località o di una nazione. D’altra parte, ancora oggi le mie costruzioni richiedono spesso l’abilità di fornitori di materiali e imprese edili particolarmente competenti, quindi si può affermare che esse variano leggermente in ogni cantiere”.

In architettura, che funzione ha, per lei, il simbolismo?

“L’architettura simbolica è sempre richiesta. Tuttavia, per quanto mi riguarda, non sono molto interessato al simbolismo formale, quanto al valore simbolico della geometria come armonia della razionalità, e del gioco di luce e ombra come percezione dello spazio all’interno di limiti materiali. Per me è importante che uno spazio architettonico, sia interno che esterno, susciti un’emozione persistente nel cuore della gente”.

Che relazione c’è oggi tra architettura e natura?

“L’architettura è qualcosa di vivo. Acqua, luce e cielo immettono in essa la vita. Lo spazio stesso, in quanto luogo naturale, non può prescindere dall’interminabile fluire del tempo. Per questo motivo il rapporto tra natura e architettura è stato fondamentale in tutte le epoche. Forse gli attuali problemi ambientali a livello globale hanno posto l’accento sull’importanza di tornare a soluzioni ecologiche che sono state spesso abbandonate durante l’epoca dell’industrializzazione pesante. L’utilizzo di energie naturali, il risparmio energetico, il riciclaggio dei materiali, rappresentano dei piccoli ma significativi passi in questa direzione”.

I suoi lavori mettono in evidenza l’importanza dell’architettura per la qualità della vita. Come viene applicata questa idea nella realtà dei piccoli spazi individuali delle città moderne?

“Migliorare la qualità della vita è uno degli obiettivi dell’architettura moderna e in questo senso ritengo significativa la partecipazione di un architetto anche in relazione ai piccoli ambienti. Questo, però, non significa solo realizzare opere che rendano l’ambiente più pratico e confortevole, ma anche creare luoghi che possano stimolare l’individualità e la sensibilità dell’uomo. Personalmente cerco di realizzare spazi dove la gente provi quieta commozione che impedisca loro di parlare ad altri di quegli spazi”.

Come è organizzato il suo team di lavoro?

“La mia squadra è composta attualmente da venticinque collaboratori. Considero questo il numero ideale perché io possa avere tutto sotto controllo. Per me è fondamentale mantenere un’organizzazione tale che ogni membro dello staff possa, sotto la mia direzione, partecipare ad un progetto dall’inizio alla fine”.

Cosa ne pensa della definizione di “architetto minimalista” che le è stata attribuita?

“Visti i dettagli, i minimi materiali utilizzati e le piante basate sulla geometria, è comprensibile che qualcuno mi abbia definito architetto minimalista. Tuttavia vorrei precisare che la mia architettura vuole solo essere espressione di un ambiente ricco di varietà in una struttura semplice. Lo scopo che mi prefiggo è quello di eliminare quanto non è essenziale e di porre le premesse per il fondersi dello spazio con l’esperienza di chi in esso vive. Nel realizzare questo obiettivo mi affido agli effetti degli elementi naturali quali acqua, luce e vegetazione”.

Attualmente quali sono i progetti che la coinvolgono maggiormente?

“Ho molti progetti sia in Giappone che all’estero. Non ritengo che ce ne siano di più o meno importanti, ciascuno risulta interessante sotto diversi aspetti. Ora come ora sto lavorando ad un progetto per la ristrutturazione della Punta della Dogana di Venezia, situata sulla riva opposta di Piazza San Marco, che verrà trasformata in un Centro d’Arte Contemporanea. E’ un progetto di grande valore e significato: si tratta di far rinascere una costruzione storica in tempi moderni”.

C’è un’idea che le piacerebbe sviluppare, un progetto che la stimola particolarmente e che desidererebbe realizzare?

“In questo momento sostengo in diverse località del Giappone alcune attività di infoltimento degli alberi, come, per esempio, quelle della Fondazione dell’Olivo di Setouchi e dell’Associazione Satura per la Passeggiata Heisei. Inoltre aderisco alla campagna di raccolta fondi per Umi-no-Mori (Foresta sul Mare). Sono dell’idea che gli architetti debbano dedicare all’ambiente la stessa attenzione che prestano alla costruzione di edifici. Queste attività ambientaliste sono, per me, un dovere sia in quanto individuo che in quanto architetto”.

Ha mai impiegato materiale prefabbricato? Crede che sia vantaggioso farne uso?

“Sì, in caso di necessità ho impiegato materiale prefabbricato in cemento. Ritengo che ci siano molti vantaggi sia economici che pratici nell’utilizzare materiale di questo tipo, sempre che ne sia garantita la qualità. Si pensi, per esempio, al tempo risparmiato nel settore della costruzione in serie. Oggi il mercato della prefabbricazione ha fatto passi da gigante, finalmente si possono utilizzare prefabbricati in cemento per la realizzazione di qualsiasi tipo di costruzione”.