Michele De Lucchi

La redazione della rivista di architettura Tracce intervista Michele De Lucchi, uno tra i maggiori protagonisti di movimenti come Cavart, Alchymia e Memphis, negli anni in cui l’architettura aveva un approccio radicale. La sua formazione accademica ha luogo a Firenze, presso la facoltà di architettura. Responsabile del Design Olivetti dal 1992 al 2002,  ha elaborato varie teorie personali sull’evoluzione dell’ambiente di lavoro, progettando edifici per uffici in Giappone per NTT, in Germania per Deutsche Bank, in Svizzera per Novartis e in Italia per Enel, Olivetti, Piaggio, Poste Italiane, Telecom Italia e molti altri ancora.
Ma la sua esperienza spazia tra design e architettura nel segno “dell’artigianato”: infatti nel 1990 ha creato Produzioni Private, una piccola impresa che progetta e disegna prodotti che vengono realizzati impiegando tecniche e mestieri artigianali.

Ph. Giovanni Gastel

In questo articolo si è voluto focalizzare l’attenzione sull’aspetto della visione architettonica del lavoro di Michele De Lucchi.

Un esempio della visione architettonica “artigianale” di Michele De Lucchi: studio e realizzazione degli esterni e degli arredi per gli uffici Il Tronco, Honopris Holding Gmbh & Co. Kg, Pforzheim (Germania), 2012

Sostenibilità e responsabilità. Quale il ruolo dell’architettura?

L’architettura è collaborare con la natura. In questi ultimi decenni stiamo assistendo ad un lento ma epocale cambiamento. L’uomo ha capito che non deve combattere contro la natura per costruirsi il suo habitat ma deve avere una mentalità che considera la natura come amica.

Di cosa avrebbe bisogno l’architettura in questo momento di austerità economica?

Per fare un progetto bisogna generare e per generare bisogna essere in due.
In questo momento quello che manca è un certo tipo di committenza, quella illuminata, lungimirante, che sa vedere oltre. Ecco cosa manca all’architettura oggi.

Parco dei Desideri. Ristrutturazione con ampliamento cascina e masterplan di azienda agricola, Bergamo (Italia), 2012 – in corso

Villa Sclopis e hospice, Associazione Casainsieme, Ivrea (Italia), 2007

Quale il suo pensiero sul tema del recupero in Italia?

Io penso che le cose che valgono vanno mantenute. Il nostro problema in Italia è nel saper distinguere ciò che vale da ciò che non vale. Poi c’è il grande tema di come poter trasformare spazi ed edifici pensati per una funzione che nel nostro tempo contemporaneo non esiste più e riconvertirlo in altro. Perché un edificio abbandonato è segno di autodistruzione. Un edificio o una struttura abbandonata trasmette il senso di non vita.

Quale suggerimento si sente di dare ai giovani architetti?

Due suggerimenti, il primo andare in giro per il mondo, viaggiare e vedere il mondo perché non si può progettare per il mondo se non si è visto il mondo.
L’altro suggerimento che darei, è non pensare che l’architettura arrivi solo da qualcuno terzo a noi che si chiami committente. Dentro di noi dobbiamo avere la forza per promuoverci come committenti delle nostre idee.

Adjara Residence (Casa Batumi), New Construction Company LCC, Batumi (Georgia), 2009 – in corso

Museo aziendale Poltrona Frau, Tolentino, Macerata (Italia), 2012

Nel recente passato ha avuto un riconoscimento internazionale per il suo impegno orientato a migliorare la qualità della vita negli ambienti in cui si vive il tempo. Ci può raccontare il suo approccio a questo tema. E quando pensa ad un progetto come fa a far coesistere forma e funzione?

Il grande tema non è solo rispondere alla forma o alla funzione ma a mio avviso si tratta di aggiungere qualcosa e trovare argomenti di seduzione, di attrazione che possano catturare e far esprimere gli oggetti o gli spazi, e farli uscire dall’impersonalità a cui spesso appartengono.

Hotel Medea, Adjara Resort JSC, Development Solutions LLC, Batumi (Georgia),  2011

Negozio Moschino, Milano (Italia), via Sant’Andrea 12, 2012

Soprattutto negli ambienti di lavoro, dove lei vanta importanti esperienze, quali sono le scelte da fare affinché gli spazi offrano comfort e mettano in condizioni di lavorare con la massima efficienza?

Un ambiente deve essere senz’altro confortevole e luminoso. Questi sono temi ineludibili altrimenti lo spazio viene abitato ma non vissuto. La cosa che oggi per certi versi viene riconosciuta dalle persone è la contemporaneità: cioè gli oggetti, come anche gli spazi devono trasmettere un senso che appartiene all’oggi e capace di aprire le porte verso il futuro. Gli oggetti e gli spazi devono quindi saper parlare e non semplicemente essere ciò che sono.

Oltre l’architettura lei ha creato il marchio “Produzioni Private” e realizza componenti d’arredo. Quant’è importante la ricerca in questo ambito e in Italia esiste ancora un mondo di maestranze che possano esprimere eccellenza e unicità?

In Italia per nostra fortuna abbiamo avuto tante crisi che si sono succedute. Grazie a queste crisi non siamo stati capaci di trasformare l’artigianato in industria e questo a mio parere ci ha salvato. Lo ha salvaguardato fino all’oggi e per certi versi l’artigianato vale più dell’industria. L’artigianato made in Italy è il vero laboratorio dell’industria, il luogo ideale dove sperimentare, sbagliare e innovare. E per fortuna l’artigianato in Italia ha una presenza ramificata su tutto il territorio con delle specifiche competenze che spaziano in tutti i campi della manifattura.

Che tipo di eredità intellettuale le ha lasciato l’esperienza fatta in Fondazione Memphis guidata da Ettore Sottsass?

Innanzitutto non definirei  Memphis solo come una fondazione, anzi, trovo che sia difficile darle una definizione: non è stata una azienda, né un movimento nel senso puro del termine, è una cosa molto difficile da definire. Comunque mi ha lasciato una grande ricchezza intellettuale dentro, il bisogno di essere e considerarsi  liberi se si vuole affrontare il mondo nella sua interezza e integrità, e poi la forza intellettuale del progetto in tutte le sue forme vale più di tanti prodotti, ma che poi svaniscono nel grande mare della banalità.

C’è un progetto a cui tiene ma non è ancora riuscito a fare?

Sicuramente fare questo lavoro significa cercare un punto di vista dal quale tutto appare diverso, che sia disegnare una matita o un grattacielo, bisogna trovare il punto di vista che rende qualunque cosa diversa. E questa è anche la chiave, fatta di immaginazione e sperimentazione, per aprire una nuova porta al mondo. Quindi non solo un progetto ma un intero mondo da ridisegnare.

Copyright: Michele De Lucchi
Tutte le immagini per gentile concessione di Michele De Lucchi.